Mindful Research
Il modello di coscienza dell’Abhidhamma ed alcune sue conseguenze,
di Henk Barendregt (2006, Radboud University of Nijmegen, Olanda)
Oriente ed occidente s’incontrano da secoli, l’incontro non è sempre facile ma porta sempre a qualcosa di nuovo ed inatteso. questo testo viene proposto all’attenzione del lettore perché illustra con semplicità alcuni concetti chiave della filosofia e della psicologia buddhista, oggi che la scienza sembra guardare con rinnovato interesse a questo mondo non soltanto geograficamente lontano. di facile lettura non presuppone una conoscenza pregressa e approfondita dei temi in questione e può essere affrontato senza problemi da chiunque sia interessato a capire un po’ meglio il perché di tanto fervore attuale su temi in qualche modo già noti. come mai possono ancora stupirci? e, per chi è un addetto ai lavori, come mai stanno cambiando il modo di fare e concepire la terapia? riflessioni, non certamente esaurienti ma molto interessanti.
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Regolazione dell’attenzione e monitoring nella meditazione
Antoine Lutz, Heleen a. Slagter, John D. Dunne and Richard J. Davidson (2008)
In questo articolo del 2008, gli autori prendono in esame i possibili rapporti tra i processi attentivi e la meditazione. arrivano a descrivere la meditazione stessa come un complesso sistema di training dell’attenzione e della competenza emotiva, questo per la coltivazione della consapevolezza e del benessere personali. esaminano, quindi, le funzioni regolative che è possibile coltivare attraverso le diverse pratiche meditative.
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Il training mentale migliora la stabilità dei processi attentivi: evidenze neuronali e comportamentali.
Antoine Lutz, Heleen A. Slagter, Nancy B. Rawlings, Andrew D. Francis, Lawrence L. Greischar,And Richard J. Davidson. (2009) The Journal Of Neuroscience, October 21, 2009 • 29(42):13418 –13427
In questo articolo del 2009 gli autori evidenziano come i dati raccolti nel corso di questi anni sembrano sostenere la possibilità effettiva di allenare e arricchire la nostra capacità attentiva rendendola più stabile, flessibile e discriminativa. riportano, quindi, studi sperimentali che sostengono l’efficacia dei training dei meccanismi legati all’attenzione, realizzato attraverso la pratica meditativa. i risultati sono incoraggianti e si concretizzano in una migliorata funzionalità cerebrale e in modificazioni del comportamento. questo risulta essere di grande importanza soprattutto adesso che l’attenzione è considerata un elemento fondamentale nella dinamica di diverse sindromi e patologie.
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Segnali bold* dell’insula sono differentemente correlati alle funzioni cardiache durante la meditazione compassionevole in meditanti esperti rispetto ai novizi
Antoine Lutz Lawrence L. Greischar, David M. Perlman, Richard J. Davidson, (2009) Neuroimage 47 (2009) 1038–1046.
E’ comprovato che il cervello ed il sistema cardiovascolare si influenzano vicendevolmente durante l’elaborazione delle emozioni. Lo studio delle interazioni tra questi due sistemi durante il complesso processo viscero-cognivo-relazionale (mele, 2005*) che da vita alla regolazione emotiva è, secondo gli autori, ancora limitato agli studi di neuroimaging funzionale, questo nonostante la potenziale importanza per il benessere fisico. in questo articolo esaminano in dettaglio e le interazioni tra segnali bold dell’insula, frequenza cardiaca hb in funzione dei livelli diversi di expertise della pratica meditativa. la meditazione di consapevolezza, esperta, improntata alla compassione sembra migliorare percezione-rappresentazione emozionale e somatosensoriale dell’emozione altrui.
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Una semplice misura della correlazione tra tempo, frequenza e spazio tra segnali cerebrali continui
Jean-Philippe Lachaux, Mario Chavez, Antoine Lutz , Journal of Neuroscience Methods 00 (2002) 1_/14)
questo è, probabilmente, un articolo molto tecnico ma fondamentale per iniziare a comprendere come e perché questo filone di ricerche stia avendo finalmente successo in un campo d’indagine a ragione ritenuto difficile. spiega un modo semplice ma sistematico di valutare le correlazioni tra le caratteristiche dello spettro di due segnali elettroencefalografici continui in maniera tale che sia possibile rilevare relazioni tra frequenze differenti e i periodi di latenza. il metodo è stato ideato per analizzare le interazioni tra bande di frequenza, nel tentativo di descrivere come i ritmi cerebrali interagiscono tra loro nel tempo e nello spazio, in funzione dei compiti svolti durante i test. è uno dei primi lavori sulle macrodinamiche cerebrali che ha portato all’identificazione di differenti pattern di correlazione nella banda ? dipendenti dal livello di analisi semantica attuata dal paziente.
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La Neurofenomenologia e lo studio della coscienza di sé
Antoine Lutz , Consciousness and Cognition (2007) 765–767
Questo è un testo molto interessante, prefazione ad una edizione speciale sulla coscienza. l’autore ci introduce alle ricerche di petitmengin et al. (2007) e descrive il possibile contributo della ricerca sui fenomeni epilettici anticipatori allo studio dell’esperienza soggettiva. infatti, viene descritta da alcuni pazienti epilettici la capacità di risolvere o prevenire le crisi stesse, e questo filone di ricerca vorrebbe svilupparsi come possibilità di intervento non farmacologico, proprio nei casi di crisi resistenti ai farmaci. questo contributo ha lo scopo illustrare un “approccio neurofenomenologico” allo studio dell’epilessia. mostra sinceramente il potenziale di questa metodologia e presenta alcuni dati preliminari incoraggianti.
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Neurofenomenologia
Antoine Lutz, Evan Thompson, Journal of Consciousness Studies, 10, no. 9–10, 2003, pp. 31–52
Anche in questo caso abbiamo da leggere uno dei testi fondamentali per comprendere come sia nato questo filone di ricerca. Questo scritto presenta quella che Francisco J. Varela chiamò nel 1996: “Neurofenomenologia” che è al tempo stesso un campo d’indagine ed una metodologia, e la illustra attraverso uno studio pilota (l Lutz, et al., 2002). Lo scritto si concentra, quindi, sulla neurofenomenologia, in relazione alle sue tre istanze metodologiche fondamentali, inerenti l’incorporamento dei dati soggettivi negli studi delle neuroscienze cognitive.
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Meditazione e neuroscienze della coscienza
Antoine Lutz, John D. Dunne, Richard J. Davidson, Cambridge Handbook of Consciousness, 2004.
Anche questo testo del 2004 è uno di quelli fondamentali per comprendere la multidimensionalità e le potenzialità di questi campi d’indagine. Consta di tre parti volte alla sistemazione di un sapere complesso che abbraccia più settori. La prima cerca di definire quale concetto di meditazione, derivante dalla tradizione buddista, venga impiegato da questi ricercatori e le difficoltà che sorgono nel farvi riferimento come scienziati occidentali. La seconda esplora i settori già indagati da altre ricerche su questo tema in senso più ampio. La terza la collega al panorama neuroscientifico occidentale attuale e agli studi sulla coscienza.
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L’allenamento mentale ha effetti sulla distribuzione delle limitate risorse cerebrali
Heleen A. Slagter, Antoine Lutz, Lawrence L. Greischar, Andrew D. Francis, Sander Nieuwenhuis, James M. Davis,Richard J. Davidson, Plos Biol 5(6) 2007.
In compiti di riconoscimento in sequenza molto spesso il secondo stimolo target t2 non viene riconosciuto o notato, è questo il fenomeno noto come “attentional-blink”. tre mesi di intensa pratica meditativa o mental training sembrano avere effetti positivi sulla capacità di focalizzare e, quindi, ridistribuire le nostre risorse/capacità attentive. i ricercatori stanno valutando le possibili applicazioni cliniche di tutto questo
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Regolazione dei circuiti neurali dell’emozione attraverso la meditazione di compassione: effetti dell’expertise meditativo.
Antoine Lutz, Julie Brefczynski-Lewis, Tom Johnstone, Richard J. Davidson, 2008.
Recenti studi di brain imaging, hanno messo in evidenza attraverso l’uso della risonanza magnetica funzionale (fmri) come l’insula e la corteccia cingolata anteriore siano implicate nella percezione empatica del dolore altrui. Ad oggi si sta cercando di capire se la generazione volontaria della compassione praticata durante la meditazione possa avere effetti su questa rete di connessioni/circuiti. Sono state prese in esame e comparate le caratteristiche neurofisiologiche di gruppi diversi di meditanti, esperti e novizi, esposti a suoni negativi emotivamente forti, causanti distress, per sostenere l’ipotesi che la preoccupazione per gli altri coltivata in questo tipo di meditazione migliori l’elaborazione affettiva/emozionale. in particolare si è analizzato come e se questo tipo di risposta che coinvolge anche l’amigdala, la giunzione temporo-parietale destra (tjp) ed il solco posteriore temporale superiore destro (psts), possa essere modulata dal training. i risultati sono da leggere.
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Il “ kentucky inventory” strumento di auto valutazione sulle capacita’ acquisite attraverso la mindfulness?
Dalla letteratura contemporanea sulla mindfulness sono state enucleate quattro principali caratteristiche che la contraddistinguono, sulle quali sono stati sviluppati parametri atti a misurarle. questo ha permesso di elaborare uno strumento self report sulle capacità acquisite attraverso un mindfulness training. all’intero dell’articolo, la descrizione sommaria del kentucky ed i risultati di questo studio.
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Affrontare le difficolta’ del trapianto di cellule staminali emopoietiche con la “meditazione mindfulness”: uno studio pilota?
L’esperienza del trapianto di cellule staminali emopoietiche (hsct) comporta un notevole stress per i malati di cancro che devono sottoporsi a questo intervento. i protocolli mindfulness – based rivelano una interessante possibilità di sostegno, in queste situazioni.
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Indagine sui praticanti la meditazione mindfulness tramite voxel based morphometry
Attraverso l’utilizzo della voxel-based morphometry, questo studio ha messo a confronto le immagini cerebrali di 20 meditatori (pratica media 8,6 anni; 2 ore al giorno) con quelle di persone non praticanti scelte in base allo stesso sesso, età, educazione….
La comunicazione consapevole in situazioni di crisi nella cabina di pilotaggio
Lo studio qualitativo esamina una situazione di comunicazione consapevole in 10 coppie di studenti aviatori, in una situazione di crisi legata alla capacità decisionale, per determinare se la comunicazione consapevole possa portare a decisioni più efficaci nei piloti.
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Alterazioni prodotte dalla mindfulness nel sistema immunitario e nel cervello
Risultati di uno studio controllato e randomizzato sugli effetti riscontrati nel sistema immunitario e nel cervello, derivanti dal programma clinico mbsr applicato ad un gruppo di impiegati perfettamente sani ed in ambiente lavorativo. i risultati dimostrano la positività di effetti di un programma di mindfulness…
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Meditazione associata all’incremento dello spessore corticale
La risonanza magnetica è stata utilizzata per verificare se ed in che misura si è rivelato modificabile lo spessore corticale di 20 partecipanti con vasta esperienza nella meditazione vipassana. in conclusione, lo spessore di due regioni specifiche si è dimostrato essere legato all’esperienza meditativa. Questi dati forniscono la prima prova strutturale della plasticità corticale dipendente dall’esperienza ed associata alla pratica meditativa.
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L’integrazione dell’mbct nella terapia dialettica comportamentale gia’ in corso in un caso di disturbo borderline di personalita’ con depressione
Questo studio descrive e spiega i risultati dell’integrazione di un protocollo mbct in un trattamento dbt in corso du di un individuo borderline con una storia di episodi depressivi.
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Esperienze di un gruppo mbct per pazienti in riabilitazione cardiaca
Pazienti in riabilitazione cardiaca spesso soffrono di stress, preoccupazioni, ansia e depressione, che possono condurre ad una cattiva prognosi ed al peggiorare dei sintomi cardiaci. in questo studio un gruppo di pazienti in riabilitazione cardiaca ha sperimentato la mindfulness based cognitive therapy: mbct.
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Mbsr in relazione a qualita’ di vita, di umore, ai sintomi dello stress ed ai parametri immunitari di un gruppo di pazienti con cancro alla prostata ed al seno
Questo studio indaga le relazioni tra un programma di riduzione dello stress basato sulla meditazione mindfulness, su 49 pazienti ambulatoriali con tumore al seno e 10 con tumore alla prostata ai primi stadi. Questo studio è anche il primo a mostrare i cambiamenti che avvengono nella produzione di citotossine associate al tumore, rispetto alla partecipazione al programma.
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Protocolli mbsr nei penitenziari del Massachusetts
Uno studio sui protocolli mindfulness based applicati su più di 1000 carcerati del Department of Corrections del Massachusetts. i risultati ottenuti incoraggiano ulteriori studi di ricerca ed un più ampio utilizzo della mindfulness nei penitenziari.
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Mbsr e disturbo ossessivo compulsivo
Gli autori presentano il caso di una paziente donna, che ha fatto un percorso di mindfulness per poter diminuire e gestire i sintomi ossessivi affinché non la intralcino nella sua quotidianità.
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Mindfulness e consapevolezza somatica in un contesto educativo pubblico
Un corso, intitolato “ pratica contemplativa, salute e disabilità nel campus: un seminario esperienziale in associazione con i sevizi di sostegno alla disabilità,” è stato proposto nel 2001 dall’American Council of Learned Societies a studenti universitari disabili e non. Il contenuto del corso esperienziale riguardava essenzialmente la mindfulness e l’educazione somatica. Il seguente articolo descrive la natura del corso, il suo svolgimento ed i suoi risultati.
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La mindfulness ed il suo rapporto con l’ intenzione ed il conseguente comportamento
Il presente studio esamina gli effetti della mindfulness sul rapporto intenzione-comportamento, all’interno della teoria del comportamento programmato. 2 studi presentati...
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Mindfulnesse cancro: la mindfulness in relazione alla qualita’ della vita, ai sintomi dello stress ed ai livelli di cortisolo, dheas e melatonina in pazienti con tumore al seno ed alla prostata
Questo studio indaga gli effetti di un programma di mbsr su un gruppo di malati di tumore al seno ed alla prostata in stadio iniziale ed in particolare sulla loro qualità di vita, stati umorali, sintomi dello stress, livelli di cortisolo, di solfato di deidroepiandrosterone (dheas) e della melatonina.
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Mindfulness e percezione corporea
questo articolo può esser considerato una panoramica teorica su un nuovo modo di trattare i disturbi legati all’immagine corporea. la prospettiva della mindfulness propone un approccio al corpo dove osservazione, accettazione e non giudizio emergono in modo prevalente.
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Mindfulness per pazienti oncologici: a discussion and critical review
Lo scopo di questo articolo è quello di fornire un’esauriente panoramica sulla mindfulness e sulle sue applicazioni oncologiche nonché una valutazione critica sulla ricerca esistente ed emergente riguardo ad essa, come intervento sui pazienti malati di cancro. La ricerca ha preso in esame 9 studi pubblicati negli ultimi 5 anni e 5 abstract di conferenze pubblicati nel 2004.
Mindfulness nelle organizzazioni.
Riflessione e mindfulness: una possibilità di integrazione
Il concetto di riflessione ha fortemente caratterizzato il management learning negli ultimi anni ma, mentre c’è un ‘ampia letteratura esistente su su come si possa promuovere la riflessione-sull’azione, meno sembra sia stato fatto su come si possa promuovere la riflessione-durante-l’azione che sempre di più emerge come strettamente interconnessa ad un percorso di consapevolezza.
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Impatto dell’MBSR sui disturbi del sonno, sull’Umore, lo Stress e i sintomi della “Fatigue” in pazienti oncologici
Questo studio sull’impatto del protocollo MBSR sui disturbi del sonno nei pazienti oncologici formula tre ipotesi da sperimentare:
(1)La partecipazione al programma MBSR porterebbe nelle misurazione pre-post intevento a variazioni positive per quanto riguarda la qualità del sonno, i sintomi dello stress, lo stato dell’umore e il livello di fatigue.
(2) I livelli assoluti di stress potrebbe essere correlati alla qualità del sonno sia nel pre che nel post-intervento,
(3)Modifiche nelle misure del sonno sarebbero correlate a concomitanti cambiamenti nei livelli di stress e nei punteggi dell’umore e della fatigue.
I risultati confermano le ipotesi e mostrano i dati a supporto.
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Uno studio qualitativo della terapia basata sulla meditazione di consapevolezza nei pazienti oncologici giapponesi
Lo studio mette in evidenza che la pratica di mindfulness può essere utile per i pazienti giapponesi in trattamento per il tumore per consentire loro di trovare positive strategie di coping e di adattarsi in modo proficuo alle richieste della vita, anche se alcuni pazienti hanno problemi nel raggiungimento di questi obiettivi. Ci sono alcune analogie e di alcune differenze di esito tra i temi pazienti giapponesi e occidentali.
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L’effetto di brevi training Mindfulness sulla memoria, sui processi di recupero di stimoli emotivi positivi e negativi.
Hugo J. E. M. Alberts e Roy Thewissen
Un aspetto fondamentale della mindfulness è l’osservazione non giudicante di stimoli interni ed esterni. Questo studio indaga gli effetti della mindfulness sul ricordo di stimoli connotati emotivamente. Ai soggetti sperimentali, dopo aver partecipato a brevi periodi di mindufulness training, è stato proposta una performance di richiamo verbale relativa al recupero mnemonico di parole connotate emotivamente rispettivamente in modo neutro, positivo e negativo. Questo, mentre i soggetti del gruppo di controllo hanno effettuato il compito (test di apprendimento e richiamo verbale) senza partecipare ad alcun training. Nell’articolo l’intero processo sperimentale ed i risultati.
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Decosturire la Mindfulness e svilppare salute mentale: comprendere la Mindfulness ed i suoi meccanismi d’azione.
Kimberly A. Coffey, Marilyn Hartman, Barbara L. Fredrickson
La ricerca sembra associare sempre più la Mindfulness al miglioramento delle condizioni di salute mentale, ma l’impiego di difenizioni multiple e differenti del concetto stesso di Mindfulness non aiuta nel processo di chiarificazione di questo fenomeno e di questo costrutto. In particolare, non sono chiari i confini tra il concetto di regolazione emotiva e quello di mindfulness. Questo accade anche perché non sono ancora stati esattamente compresi e definiti i meccanismi che correlano la Mindfulness alla salute mentale.
I due studi qui presentati illustrano le suddette tematiche utilizzando dati correlazionali ed autoriportati provenienti da una popolazione non clinica di studenti universitari.
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Mindfulness: Un dialogo tra Buddismo e Psicologia Clinica.
Chris Kang e Koa Whittingham
Dall’abstract: Le prove dell’efficacia della Mindfulness come intervento clinico stanno crescendo rapidamente e non possiamo non sottolineare come la maggior parte del nostro comprendere e delle nostre applicazioni in questo campo derivano dal dialogo con le tradizioni buddiste, con la notevole eccezione dell’ACT. Scriviamo questo articolo con due finalità:
1. Offrire una precisa e concisa review delle tradizioni buddiste che hanno interesse clinico per i ricercatori; 2. Controllare se ulteriori passi avanti nel dialogo tra buddismo e psicologia clinica possano risolversi in ancora maggiori applicazioni della stesso nel contesto delle applicazioni cliniche. Lo scopo di questo articolo e’, dunque, 1. Offrire ai clinici ed ai ricercato un'opportunità ulteriore per meglio comprendere le tradizioni buddhiste e come la Mindfulness sia stata applicata in circa 2500 anni e 2. domandarsi come questa opportunità di ulteriore dialogo con la psicologia clinica possa trasformarsi in futuro.
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Ricercando la Mindfulness nel cervello: per un approccio Process-Oriented allo studio dei correlati psicobiologici della Mindulness
Lindsay B. Fletcher, Benjamin Schoendorff, Steven C. Hayes
Dall’abstract: Grande interesse sta calamitando verso la meditazione i ricercatori che stanno cercando di spiegare i benefici ottenibili attraverso di essa e cosa avviene nel cervello dei meditanti tramite tecniche di neuroscanning. In questo articolo sosteniamo che una ricerca neuroscientifica di successo e valida sulla Mindfuness debba basarsi su analisi psicologiche valide. Proponiamo, dunque, una definizione della Mindfuness basata su quattro processi psicologici, relativamente ben compresi, e dimostriamo come questo modello possa aiutare ad organizzare la ricerca neuroscientifica e creare un ponte con le applicazioni cliniche. Questo framework offre un approccio che rende possibile ancorare la ricerca neuroscientifica ai principi ed alle teorie psicologiche. E sosteniamo, che questa sia la sfida critica che la scienza deve accogliere affiche continui ad essere fulcro dello sviluppo della condizione umana.
Mindfulness: una strada per coltivare un rispetto profondo per le emozioni
Belinda Siew Luan Khong
Abstract La pratica della mindfulness offre un metodo per la coltivazione di un rispetto profondo per le emozioni che vengono accolte e non rimosse o evitate. Coltivare un rispetto profondo per le emozioni vuol dire apprezzare e onorare cio’ che emerge momento per momento. Quando ci si prende cura di questo tipo di contenuti emotivi, si accolgono le emozioni come si farebbe con un ospite con un messaggio importante da consegnare, piuttosto che considerarle un nemico da combattere. Nell’accogliere benevolmente qualsiasi cosa emerga, la mindfulness rende possibile all’individuo sperimentare emozioni piu’ definite. In uno studio su caso singolo, viene riportata l’esperienza di Katy –affetta da disordine post traumatico da stress — (PTSD)— viene dimostrato come grazie alla mindfulness si sia aiutata la paziente a sviluppare non solo una maggiore e più profonda attenzione per la gamma di emozioni esperite come risultato del trauma ma anche spazio per poterle accogliere. Pratiche di mindfulness specifiche ed altri approcci psicologici complementari, adattati ed utilizzati per far fronte alle necessità della paziente, si sono rivelati utili nell’aiutare Katy a “superare” le sue memorie corporee, elemento fondamentale dell’esperienza pst-traumatica. Il processo coinvolto nella pratica della mindfulness ha aiutato Katy a comprendere le motivazioni delle sue azioni e a definire in modo più pieno e completo compassione e senso di responsabilità [che gli autori considerano da un punto di vita emozionale]. Incorporare la mindfulness nel suo trattamento ha aiutato Katy a rapportarsi non solo in modo più efficace con il PTSD ma anche a sviluppare una capacità di rapportassi ai traumi più generale e durevole (valida per la vita).
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Gli effetti di programmi educativi basati sulla mindfulness sul senso di benessere e le competenze sociali ed emotive di adolescenti e preadolescenti
Kimberly A. Schonert-Reichl & Molly Stewart Lawlor
Abstract Vengono riportati i risultati di uno studio quasi-sperimentale che valuta l’efficacia di un Programma Educativo Mindfulness in educazione (ME). Il ME e’ un programma che derivato teoricamente da queste teorie e che focalizza l’attenzione sul ruolo universale dell’insegnante quale facilitatore dello sviluppo delle competenze sociali ed emotive e delle emozioni positive, e trova il suo punto forte nelle lezioni giornaliere di training attentivo mindfulness (tre volte al giorno). Studenti pre-adolescenti e adolescenti del quarto e settimo anno (N=246) raccolti da sei classi che hanno adottato il programma ME e da altre sei classi che non lo hanno fatto (gruppo di controllo in attesa di trattamento) (wait-list controls) che hanno completato misure self-report pretest e posttest volti a valutare l’ottimismo, concetto di sé a scuola ed in generale e l’affettività’ positiva e negativa in genere. Gli insegnati hanno valutato le competenze sociali ed emotive di adolescenti e pre-adolescenti nella classe. I risultati rivelano che gli studenti pre-adolescenti e adolescenti che hanno partecipato ai programmi ME, se comparati con il gruppo di controllo, mostrano un incremento significativo dell’ottimismo dal pre-test al post-test. Similmente, anche le valutazioni degli insegnanti sulle competenze sociali in classe sono risultate migliori per gli studenti partecipanti al programma ME. Effetti si sono riscontrati sul concetto di sé, soprattutto sui pre-adolescenti. Gli insegnanti hanno realizzato fedelmente i programmi ME per durata e quantità di attività mindfulness effettuate e riportano che è stato facile inserire gli esercizi attenzionali nel corso delle loro lezioni. Vengono discusse tematiche teoriche relative al rapporto tra consapevolezza attentiva mindful e la competenza emotiva e sociale e le implicazioni per lo sviluppo di interventi in classe.
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Genitori, Mindfulness ed effetti sul bambino: sintomi depressivi e parenting.
Justin Parent & Emily Garai & Rex Forehand & Erin Roland & Jennifer Potts & Kelly Haker & Jennifer E. Champion & Bruce E. Compas
Abstract lo scopo di questo studio è esaminare le caratteristiche di questo approccio che analizza l’associazione tra stile genitoriale improntato alla mindfulness, sintomi depressivi dei genitori, intesi come due differenti stili di parenting ed i problemi comportamentali dei bambini. I dati relativi ai partecipanti derivano e sono stati sponsorizzati dal programma d’intervento cognitivo-comportamentale familiare per la prevenzione della depressione in bambini ed adolescenti del NIMH [National Institute of Mental Health] (Compas et al., 2009). I partecipanti sono 145 madri e 17 padri (mean age=41.89 yrs, SD=7.73) con storia di depressione e 211 bambini, dei quali 106 maschi (mean age=11.49 yrs, SD=2.00). Le analisi dimostrano (a) che uno stile di parenting positivo sembra giocare un ruolo significativo sulla capacita’ di esternalizzazione dei problemi eventualmente posseduti, nonostante i sintormi depressivi genitoriali. E che (b) la mindfulness risulta essere correlata al modo in cui il bambino internalizza ed esternalizza i suoi problemi. I costrutti esaminati non sembrano aiutare a comprendere in modo esaustivo le possibili associazioni tra mindfulness e comportamento del bambino. Vengono discussi i suggerimenti per le ricerche future, soprattutto sul rapporto tra mindfulness e problemi dei bambini.
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L’impatto di un programma breve per gruppi basato sulla mindfulness per la terapia della depressione e grado di soddisfazione generale (life satisfation).
Paul H. Harnett & Koa Whittingham & Elizabeth Puhakka & Julie Hodges & Carmen Spry & Rian Dob
Abstract L’insegnamento di quelle che possiamo definire capacità Mindfulness sono una componente centrale di un gran numero di terapie e stanno migliorando con successo le funzionalità di soggetti affetti da una vasta gamma di problemi clinici. Nonostante gli apparenti benefici che il training delle capacità mindfulness sembra comportare, la maggior parte degli studi ad oggi si sono concentrati su popolazioni cliniche di soggetti con lo scopo di ridurre sintomatologie specifiche o favorire condizioni generali di distress psicologico. Con il nostro studio, vorremmo determinare quali di questi benefici possono essere associati ad un incremento delle misure relative alla mindfulness. I risultati indicano che l’intervento ha ridotto con successo il distress psicologico e sembra migliorare la soddisfazione provata per le proprie condizioni di vita e che questi benefici sono stati individuati in soggetti che mostrano anche incrementi nelle misure di mindfulness. In generale, i risultati sembrano suggerire che un intervento breve di mindfulness sembra essere positivo per soggetti della comunità che possono non soffrire di sintomi clinici o distress psicologico importanti ma che desiderano raggiungere un maggior grado di soddisfazione personale.
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Un intervento Psico-educazionale MindfulnessBased modulato per un gruppo di donne con disturbi dell’eccitazione sessuale.
Lori A. Brotto, PhD,* Rosemary Basson, MD,* and Mijal Luria, MD† *University of British Columbia, Vancouver, British Columbia, Canada; †Hadassah University Hospital, Mt. Scopus, Israel DOI: 10.1111/j.1743-6109.2008.00850.
Nonostante la loro ampia diffusione nella popolazione femminile, non ci sono attualmente trattamenti psicologici evidence-based per i disturbi del desiderio sessuale e dell’eccitazione. Negli ultimi anni, la terapia mindfulness based è stata inserita nella terapia sessuale ed è stata trovata efficace per disturbi dell’eccitazione genitale secondari a patologie oncologiche ginecologiche.
La pratica di mindfulness ( consapevolezza, presenza mentale), un’antica pratica orientale con radici nella meditazione buddista, si è dimostrata componente efficace nei trattamenti psicologici per numerose malattie psichiatriche e mediche.
Lo scopo di questo studio è quello di modulare un pre-esistente intervento mindfulness-based psicoeducazione (PED) in un programma di gruppo per donne con disturbo del desiderio e dell’eccitazione sessuale non collegati al cancro.
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Un ruolo per la Meditazione Mindfulness nel trattamento della dipendenza sessuale
Dr. Kishore Chandiramani
In questo articolo il Dr. Kishore Chandiramani riflette sul ruolo che la Mindfulness potrebbe avere nel trattamento delle dipendenze sessuali. Egli considera che le pratiche di mindfulness, coltivando la capacità di essere consapevoli delle proprie sensazioni corporee interne, possa aiutare coloro che soffrono di dipendenza sessuale a
venire a conoscenza della pulsione sessuale prima che questa si trasformi e si manifesti sotto forma di pensieri e comportamenti, proprio perché la mindfulness è una forma di consapevolezza presente a livello precognitivo.
La mindfulness può inoltre, facendo fare esperienza della transitorietà dei fenomeni che vanno e vengono, aiutare la persona a disidentificarsi dalla pulsione sessuale e dunque dall’obbligatorietà del comportamento disfunzionale.
Nel saggio che ci propone discute del ruolo della Vipassana, che è una forma di meditazione mindfulness nel trattamento di dipendenze sessuali.
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Effetti della pratica di consapevolezza Mindfulness sulle Funzioni Esecutive di bambini della Scuola Elementare.
LISA FLOOK and SUSAN L. SMALLEY
Department of Psychiatry and Biobehavioral Sciences, University of California, Los Angeles,Los Angeles, California, USA and Mindful Awareness Research Center, Semel Institute forNeuroscience & Human Behavior, University of California, Los Angeles, California, USAM. JENNIFER KITILMindful Awareness Research Center, Semel Institute for Neuroscience and Human Behavior,
University of California, Los Angeles, California, USABRIAN M. GALLA Graduate School of Education & Information Studies, University of California, Los Angeles, Los Angeles, California, USA SUSAN KAISER-GREENLAND Independent Contractor, Los Angeles, California, USA JILL LOCKE, ERIC ISHIJIMA, and CONNIE KASARI Graduate School of Education & Information Studies, University of California, Los Angeles, California, USA
Abstract: Nel seguente studio è stato sviluppato un programma per le scuole di pratiche di consapevolezza Mindfulness (MAPs), sperimentato e valutato con un gruppo randomizzato di 64 bambini di seconda e terza elementare di età compresa tra i 7 e i 9 anni.
Il programma si è svolto per una durata di 8 settimane, con due incontri settimanali della durata di 30 minuti ciascuno. Sono stati somministrati alcuni questionari agli insegnanti e i genitori dei bambini, per valutare le funzioni esecutive dei bambini alla conclusione del programma delle 8 settimane. L’analisi multivariata della covarianza delle risposte degli insegnanti e genitori riguardanti le funzioni esecutive (EF) dei bambini, hanno indicato un iterazione tra i punteggi delle EF precedenti al programma e quelli nei post-test. I bambini del gruppo MAPs che presentavano una regolazione minore delle funzioni, hanno mostrato un notevole aumento nelle EF rispetto al gruppo di controllo. In particolare questi bambini, partendo da una condizione con bassi punteggi di EF, una volta frequentato il programma MAPs, hanno acquisito una notevole regolazione del comportamento, nelle capacità metacognitive e in generale una maggiore capacità di controllo. Questi risultati indicano i notevoli effetti del programma MAPs sui bambini con difficoltà nelle capacità esecutive. La conferma degli effetti e dei cambiamenti da parte di insegnanti e genitori suggerisce la possibilità di riscontrare il miglioramento della regolazione del comportamento in generale nei bambini anche in setting diversi. Si possono così garantire, con questo studio, le basi per future indagini neurocognitive sulle funzioni esecutive, includendo osservazioni comportamentali con campioni di più classi di soggetti al fine di replicare ed ampliare i risultati preliminari ottenuti.
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Training di Mindfulness in adulti e adolescenti con ADHD
Lidia Zylowska Deborah, L. Ackerman, May H. Yang Julie, L. Futrell, Nancy L. Horton, T. Sigi Hale, University of California–Los Angeles, Caroly Pataki, University of Southern California, Susan L. Smalley, University of California–Los Angeles
L’ADHD è una condizione psichiatrica con un esordio infantile che continua spesso in età adulta.
Normalmente trattati con psicofarmaci si cercano tuttavia altre modalità di intervento.
Negli ultimi anni è stato proposta per migliorare l’attenzione, ridurre lo stress e migliorare l’umore la meditazione, mindfulness
In questo studio, che esamina la fattibilità di un programma Mindfulness Based di 8 settimane per adulti e adolescenti con ADHD, i partecipanti, hanno completato il corso, denunciano un miglioramento dei sintomi di ADHD. Sono anche state misurate variazioni pre-post trattamento dell’attenzione e dell’inibizione cognitiva, ed osservati miglioramenti nei sintomi d’ansia e depressivi. E’ possibile, secondo gli autori, concludere che la partecipazione ad un protocollo Mindfulness Based può migliorare la disabilità neurocognitiva e comportamentale negli adolescenti e negli adulti con ADHD. Lo studio che presentano è uno studio clinico controllato è garantito.
“Thinking about Not-Thinking”: Neural Correlates of Conceptual Processing during Zen Meditation”.
Questo studio rileva che recenti studi di neuroimaging hanno identificato una serie di regioni del cervello che sono metabolicamente attive durante il riposo vigile considerevolmente disattivate durante l’esecuzione di compiti cognitivamente impegnativi.
Questa ‘‘default network’’ è stata funzionalmente collegata al flusso di pensieri che si verificano automaticamente in assenza di attività intenzionalmente dirette ad uno scopo che costituisce un aspetto del comportamento mentale specificamente richiesto da molte pratiche meditative.
La meditazione Zen, in particolare, è tradizionalmente associata ad uno stato mentale di piena consapevolezza, ma con ridotto contenuto concettuale, da raggiungere tramite una regolazione disciplinato di attenzione e di postura del corpo.
Il dott. Pagnoni e colleghi, utilizzando fMRI hanno studiato i correlati neurali dell’ elaborazione concettuale, durante la meditazione in praticanti regolari Zen abbinati a soggetti di controllo. Mentre le prestazioni comportamentali non differivano tra i gruppi, i praticanti zen hanno mostrato una ridotta durata della risposta neurale legata alla trasformazione concettuale nelle regioni del circuito neuronale predefinito, suggerendo che la pratica meditativa favorisca la capacità di controllare la cascata automatica delle associazioni semantiche innescata da uno stimolo e, per estensione, permetta la regolazione intenzionale del flusso di pensiero della mente.
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Mindfulness, Saggezza e Alimentazione: Applicazione di un modello multidisciplinare sugli effetti della meditazione
Jean L. Kristeller
Introduzione
Il programma qui esaminato è frutto di una collaborazione tra il Centro LSI per lo studio della salute, della religione e della spiritualità dell’Indiana State University e Carolyn Speranza, una cineasta indipendente: il mezzo audiovisivo è stato impiegato per esprimere sia la gamma di esperienze coinvolte con la meditazione, che l’entità del cambiamento da essa prodotto. La meditazione è una pratica universale che promuove la saggezza, sia pratica che spirituale, svincolando la mente dagli schemi condizionati di reattività e dai pensieri che riguardano la propria persona.
In questo saggio, l’autrice espone i concetti generali del modello multidisciplinare sugli effetti della meditazione, illustrati dal film di Speranza Sight of Stillness, che è stato prodotto durante un laboratorio tenuto a Pittsburgh da meditatori esperti. La regista ha lavorato con l’autrice allo scopo di registrare su video le esperienze personali dei partecipanti al percorso NIH, che valuta gli effetti della meditazione mindfulness sul disordine binge eating. Questa ricerca dimostra come il MB-EAT (allenamento alla consapevolezza alimentare bastato sulla mindfulness: un programma strutturato di 9 settimane che prevede alimentazione mindful e altre pratiche di meditazione) possa ridurre significativamente l’alimentazione compulsiva tra gli individui obesi, migliorando anche il livello di depressione e l’opinione che si ha sé. Il presente studio include, oltre ai risultati ottenuti, anche le registrazioni video delle interviste per dimostrare come la meditazione focalizzata possa produrre dei cambiamenti rispetto alla dieta e alla propria persona. Inoltre il presente saggio, ristampato dal Journal of Constructivism in the Human Sciences (2003, vol. 8 -2, 107-118), è strettamente pertinente alla presentazione della dottoressa Kristeller e al film di Speranza
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Studio sulla terapia basata sulla meditazione per il disturbo binge eating
Jean L. Kristeller , C. Brendan Hallett Dipartimento di Psicologia Indiana State Univeristy Journal of Health Psychology. (1999). Vol 4 (3). 357-363.
Introduzione
Il presente studio analizza l’efficacia della terapia per il disturbo binge eating (BED) basata sulla meditazione. Il programma in questione, a cui hanno partecipato diciotto donne obese (IMC > 27) di età compresa tra i 25 e i 62 anni, che rientravano nei parametri previsti dal DSM-IV per il BED, ha la durata di sei settimane e prevede esercizi standard di meditazione mindfulness specifica per l’alimentazione. La terapia è strutturata in un unico gruppo di ampio riferimento e prevede non solo valutazioni standard una volta alla settimana, ma anche una valutazione completa da ripetersi in diversi momenti: a tre settimane dall’inizio, all’inizio e alla fine del programma di sei mesi e infine, dopo le tre settimane di follow-up.
Il binge riportato inizialmente era pari a 4.02 alla settimana, dopo il trattamento era sceso a 1.57 alla settimana (t(18)=6.37, p<.001); allo stesso modo, la proporzione dei binge considerati gravi raggiungeva il 70.3% , mentre dopo la terapia era del 18.11%. La BES, scala del binge eating (Gormally et al., 1992), partendo da un punteggio di 31.69 era arrivata a 15.08 (t(17)=9.86, p<.001). Inoltre, la gran parte dei binge e dei loro punteggi BES rimase stabile anche durante le tre settimane di follow-up. I valori di controllo sull’alimentazione, sulla mindfulness e sulla consapevolezza degli stimoli di fame/sazietà migliorarono significativamente, mentre quelli della depressione e dell’ansia calarono. Infine, l’uso al di fuori del gruppo delle meditazioni legate al cibo si è dimostrato collegato alla diminuzione dei punteggi nella scala BES (r=.66, p<.01).
In conclusione, i risultati suggeriscono che la meditazione e l’allenamento mindfulness siano in grado di diminuire non solo la frequenza, ma anche la gravità degli episodi di binge eating.
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Approcci Mindfulness ai disturbi alimentari
Jean L. Kristeller – Dipartimento di Psicologia – Indiana State University
Ruth A. Baer – Dipartimento di Psicologia – University of Kentucky
Ruth Quillian-Wolever – Centro di Medicina Integrativa – Duke University
In questo lungo e ampio articolo le autrici passano in rassegna le principali terapie per i disturbi alimentari che utilizzano la mindfulness, mostrano prove empiriche e studi scientifici sugli approcci mindfulness ai disturbi alimentari, presentano un caso clinico e spiegano le questioni pratiche e intellettuali riguardo agli interventi mindfulness sulla popolazione affetta da disturbi alimentari.
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Uno studio pilota – il gruppo di meditazione mindful eating in ausilio alla terapia individuale per i disturbi alimentari
NATASHA S. HEPWORTH, Melbourne, Victoria, Australia
Eating disorders: the Journal of Treatment & Prevention, pubblicato online, 2010, 19:1, 6-16
L’obiettivo di questo studio è analizzare i potenziali benefici che possono derivare dal gruppo di meditazione mindful eating in ausilio alle terapie a lungo termine per i disturbi alimentari. Il programma, della durata di 10 settimane, è stato progettato per aumentare la consapevolezza degli stimoli di fame/sazietà, e vi hanno partecipato 33 individui, all’interno di un ambulatorio specializzato. I sintomi legati ai disturbi alimentari sono stati registrati, sia pre- che post-intervento, usando il test EAT-26: sono stati riscontrate riduzioni dei valori in tutte le scale minori del sistema, con un ampio margine di miglioramento. Non sono state individuate differenze significative tra i miglioramenti riscontrati dalle diverse diagnosi di disturbo alimentare. I risultati suggeriscono che l’ausilio del gruppo di meditazione possa portare grandi benefici alla terapia per i diversi tipi di disturbi.
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Un breve training di meditazione induce una riduzione della dipendenza da fumo.
Tang, Y. Y., Tang, R. and Posner, M. I. (2013). PNAS, 110 (34), 13971–13975.
Nel 2013, sull’importante rivista scientifica statunitense PNAS (“Proceedings of the National Academy of Sciences of the United States of America”), è stata pubblicata una ricerca, condotta in Texas, dimostrativa dell’efficacia di un breve training di meditazione nell’indurre un aumento della capacità di autocontrollo e una riduzione del fumo del 60%.
Tang e colleghi hanno sottolineato che, secondo dati ormai noti, vari comportamenti, tra cui l’abuso di sostanze e il fumo, sono correlati alla presenza di una disfunzione della corteccia prefrontale, inclusa la corteccia prefrontale dorsolaterale, la corteccia cingolata anteriore e la corteccia orbitofrontale mediale. Ad oggi, si riconosce a tale disfunzione un ruolo peculiare nella dipendenza. In particolare, secondo tali dati, nei fumatori di sigarette, si riscontrerebbe una riduzione del flusso sanguigno cerebrale regionale nella corteccia cingolata anteriore di sinistra e questo sarebbe correlato con una diminuzione del desiderio dopo aver fumato la prima sigaretta del giorno. Partendo da tali evidenze, Tang e colleghi hanno ipotizzato che un aumento della capacità di autocontrollo potrebbe rivelarsi utile a modificare le condotte di fumo e poiché studi precedenti sono stati in grado di evidenziare il ruolo della meditazione di consapevolezza nel migliorare alcune condotte negative associate a deficit di autocontrollo (intossicazione, alcolismo, abbuffate e dipendenza), hanno messo a punto una ricerca, quella qui esposta per l’appunto, attraverso la quale è stato possibile indagare il ruolo di una particolare forma di meditazione di consapevolezza, detta “Integrative Body-Mind Training” (IBMT), nel potenziale aumento della capacità di autocontrollo e nella consequenziale riduzione della condotta di fumo.